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IL SANTUARIO DI MONTEVERGINE
di Giuseppe RIZZUTI
 
 

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Questa volta vogliamo soffermare la nostra attenzione su un monumento particolarmente significativo di questa zona. Si tratta dell’Eremo di Santa Maria di Montevergine, situato ad oriente appena fuori l’abitato di S. Anna, che si adagia su di uno sperone di roccia ai piedi del Kratas a circa 340 mt. sul livello del mare, poco distante dal fiume Verdura.
Fu edificata da Francesco Alliata, principe di Villafranca, che nel 1624 fece costruire un villaggio, cui diede il nome di Sant’Anna. Il suo territorio é intriso di leggende e di storia che s’intrecciano inevitabilmente con quelle della vicina Caltabellotta.
Le origini del primo insediamento monastico nella zona di Montevergine si fanno risalire fra il V e l’VIII secolo, quando a seguito delle invasioni dei Vandali dell’Africa settentrionale i seguaci di S. Agostino, che ivi era nato, vissuto e morto, giunsero in Sicilia. Pare che alcuni si siano fermati da queste parti vivendo nelle grotte, come normalmente facevano gli eremiti. Nei pressi di S. Anna esistono, infatti, caverne d’epoca preistorica, che nel tardo Medioevo furono abitate da questi anacoreti. La più importante é quella che si trova nel promontorio di S. Giorgio,
di fronte alla Chiesa di Montevergine, detta non casualmente “grotta del monaco”. (I toponimi spesso riescono a sopperire alla mancanza di documenti.)
La fondazione della prima struttura conventuale si fa risalire però attorno alla metà del IX secolo e gli agostiniani vi rimasero fino al 1154, epoca in cui si trasferirono nella vicina Caltabellotta, quasi certamente a causa di un incendio che l’avrebbe distrutta e di cui sono state trovate tracce durante i lavori di restauro. Successivamente il sito divenne un Priorato di monaci Basiliani, provenienti dalla Grecia.
Dal punto di vista architettonico il complesso monumentale è contraddistinto da una edilizia semplice, come quella che caratterizza una certa parte delle strutture della Sicilia conventuale, ma un recente restauro ne ha nobilitato l’insieme costruito.
La chiesa è ad una sola navata con tre altari per lato poco profondi; notevoli e tutti da scoprire gli affreschi che sono venuti alla luce durante l’ultimo restauro. Al suo interno sono conservati alcuni capitelli ritrovati nella zona, pare appartenenti alla non più esistente chiesa di S. Giorgio, da cui sembra sia stato tratto anche il portale ogivale decorato e rozzamente manomesso da manovalanza priva di quella sensibilità necessaria per coloro i quali si accingono a restaurare un monumento o parte di esso.
Montevergine, composto dalla chiesa e dall’eremo annesso, è ubicato a ridosso della zona archeologica di Troccoli, deformazione del toponimo originario Trokalis che secondo recenti studi portati avanti da Luciano Rizzuti, dovrebbe trattarsi della seconda fase di Triokala quando si chiamò appunto Trokalis, da cui l’attuale toponimo.
L’Eremo, affiancato per intero sul lato destro della chiesa, è distribuito su due elevazioni: a piano terra, sono locali non molto ampi, adibiti per i lavori dei frati, nel piano superiore sono dislocate le celle e il piccolo campanile. Il tutto è inserito in un contesto paesaggistico straordinario. Il complesso è arricchito, inoltre, da una fontana di forma circolare alimentata costantemente da una sorgente, che porta refrigerio a visitatori e passanti.
L’Eremo di Montevergine per la comunità santannese è un luogo molto importante e riveste un grande valore religioso e fortemente simbolico d’identificazione della memoria collettiva. È qui che si trova un crocifisso ligneo quattrocentesco veneratissimo da tutta la comunità e la cui solennità religiosa, che si svolge con riti particolari e suggestivi, costituisce la festa più importante della comunità.
Tale crocifisso, situato sull’altare maggiore, secondo la tradizione pare sia stato dipinto sulle tavole del letto di S. Brigida e sia stato portato dall’Africa dai seguaci di Sant’Agostino.
In questa località i segni delle civiltà passate sono ancora tutti presenti, né il tempo né l’uomo hanno potuto cancellarli; sono scolpiti sulle rocce che fanno da sfondo scenico al paesaggio, sono impressi nella campagna circostante.
Dal punto di vista storico queste contrade pare che siano state teatro di fatti importantissimi dell’antichità legati sia alla seconda guerra servile, fra il 103 ed il 99 a.C., che al lungo e aspro assedio di Ruggero il Normanno nel 1090, dopo l’espugnazione di Agrigento.
Vuole la tradizione che a Ruggero durante il combattimento sia apparso sopra un cavallo bianco S. Giorgio, ornato di una splendida veste, intervenne in aiuto al condottiero normanno. In memoria della vittoria ottenuta, il conte elesse suo protettore S. Giorgio e ornò il suo scudo con l’immagine del santo e in seguito fece costruire la chiesa di S. Giorgio di Trokalis (Troccoli).
A proposito di quest’ ultima vale la pena riportare l’ aneddoto trasmessoci dallo storico sambucese Giuseppe Giacone: “In detta chiesa era una statua equestre di detto Santo. Or è costante tradizione, tramandata da remota antichità, che taluni villani sambucesi, ivi recatisi per lavori campestri, vista la crollante chiesa che da un giorno all’altro andava in rovina, adocchiarono quella statua e mal soffrendo che rimanesse in quel vetusto edificio rovinato, nottetempo la involarono e la trasportarono in questa Chiesa di S. Giorgio (in Sambuca), per come tuttavia si venera.”
In verità la statua equestre attualmente si trova all’interno della Chiesa di S. Michele, a poche decine di metri dal Municipio di Sambuca.

 

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