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					Questa volta vogliamo 
					soffermare la nostra attenzione su un monumento 
					particolarmente significativo di questa zona. Si tratta 
					dell’Eremo di Santa Maria di Montevergine, situato ad 
					oriente appena fuori l’abitato di S. Anna, che si adagia su 
					di uno sperone di roccia ai piedi del Kratas a circa 340 mt. 
					sul livello del mare, poco distante dal fiume Verdura. 
					Fu edificata da Francesco Alliata, principe di Villafranca, 
					che nel 1624 fece costruire un villaggio, cui diede il nome 
					di Sant’Anna. Il suo territorio é intriso di leggende e di 
					storia che s’intrecciano inevitabilmente con quelle della 
					vicina Caltabellotta. 
					Le origini del primo insediamento monastico nella zona di 
					Montevergine si fanno risalire fra il V e l’VIII secolo, 
					quando a seguito delle invasioni dei Vandali dell’Africa 
					settentrionale i seguaci di S. Agostino, che ivi era nato, 
					vissuto e morto, giunsero in Sicilia. Pare che alcuni si 
					siano fermati da queste parti vivendo nelle grotte, come 
					normalmente facevano gli eremiti. Nei pressi di S. Anna 
					esistono, infatti, caverne d’epoca preistorica, che nel 
					tardo Medioevo furono abitate da questi anacoreti. La più 
					importante é quella che si trova nel promontorio di S. 
					Giorgio, 
					di fronte alla Chiesa di Montevergine, detta non casualmente 
					“grotta del monaco”. (I toponimi spesso riescono a sopperire 
					alla mancanza di documenti.) 
					La fondazione della prima struttura conventuale si fa 
					risalire però attorno alla metà del IX secolo e gli 
					agostiniani vi rimasero fino al 1154, epoca in cui si 
					trasferirono nella vicina Caltabellotta, quasi certamente a 
					causa di un incendio che l’avrebbe distrutta e di cui sono 
					state trovate tracce durante i lavori di restauro. 
					Successivamente il sito divenne un Priorato di monaci 
					Basiliani, provenienti dalla Grecia. 
					Dal punto di vista architettonico il complesso monumentale è 
					contraddistinto da una edilizia semplice, come quella che 
					caratterizza una certa parte delle strutture della Sicilia 
					conventuale, ma un recente restauro ne ha nobilitato 
					l’insieme costruito. 
					La chiesa è ad una sola navata con tre altari per lato poco 
					profondi; notevoli e tutti da scoprire gli affreschi che 
					sono venuti alla luce durante l’ultimo restauro. Al suo 
					interno sono conservati alcuni capitelli ritrovati nella 
					zona, pare appartenenti alla non più esistente chiesa di S. 
					Giorgio, da cui sembra sia stato tratto anche il portale 
					ogivale decorato e rozzamente manomesso da manovalanza priva 
					di quella sensibilità necessaria per coloro i quali si 
					accingono a restaurare un monumento o parte di esso. 
					Montevergine, composto dalla chiesa e dall’eremo annesso, è 
					ubicato a ridosso della zona archeologica di Troccoli, 
					deformazione del toponimo originario Trokalis che secondo 
					recenti studi portati avanti da Luciano Rizzuti, dovrebbe 
					trattarsi della seconda fase di Triokala quando si chiamò 
					appunto Trokalis, da cui l’attuale toponimo. 
					L’Eremo, affiancato per intero sul lato destro della chiesa, 
					è distribuito su due elevazioni: a piano terra, sono locali 
					non molto ampi, adibiti per i lavori dei frati, nel piano 
					superiore sono dislocate le celle e il piccolo campanile. Il 
					tutto è inserito in un contesto paesaggistico straordinario. 
					Il complesso è arricchito, inoltre, da una fontana di forma 
					circolare alimentata costantemente da una sorgente, che 
					porta refrigerio a visitatori e passanti. 
					L’Eremo di Montevergine per la comunità santannese è un 
					luogo molto importante e riveste un grande valore religioso 
					e fortemente simbolico d’identificazione della memoria 
					collettiva. È qui che si trova un crocifisso ligneo 
					quattrocentesco veneratissimo da tutta la comunità e la cui 
					solennità religiosa, che si svolge con riti particolari e 
					suggestivi, costituisce la festa più importante della 
					comunità. 
					Tale crocifisso, situato sull’altare maggiore, secondo la 
					tradizione pare sia stato dipinto sulle tavole del letto di 
					S. Brigida e sia stato portato dall’Africa dai seguaci di 
					Sant’Agostino. 
					In questa località i segni delle civiltà passate sono ancora 
					tutti presenti, né il tempo né l’uomo hanno potuto 
					cancellarli; sono scolpiti sulle rocce che fanno da sfondo 
					scenico al paesaggio, sono impressi nella campagna 
					circostante. 
					Dal punto di vista storico queste contrade pare che siano 
					state teatro di fatti importantissimi dell’antichità legati 
					sia alla seconda guerra servile, fra il 103 ed il 99 a.C., 
					che al lungo e aspro assedio di Ruggero il Normanno nel 
					1090, dopo l’espugnazione di Agrigento. 
					Vuole la tradizione che a Ruggero durante il combattimento 
					sia apparso sopra un cavallo bianco S. Giorgio, ornato di 
					una splendida veste, intervenne in aiuto al condottiero 
					normanno. In memoria della vittoria ottenuta, il conte 
					elesse suo protettore S. Giorgio e ornò il suo scudo con 
					l’immagine del santo e in seguito fece costruire la chiesa 
					di S. Giorgio di Trokalis (Troccoli). 
					A proposito di quest’ ultima vale la pena riportare l’ 
					aneddoto trasmessoci dallo storico sambucese Giuseppe 
					Giacone: “In detta chiesa era una statua equestre di detto 
					Santo. Or è costante tradizione, tramandata da remota 
					antichità, che taluni villani sambucesi, ivi recatisi per 
					lavori campestri, vista la crollante chiesa che da un giorno 
					all’altro andava in rovina, adocchiarono quella statua e mal 
					soffrendo che rimanesse in quel vetusto edificio rovinato, 
					nottetempo la involarono e la trasportarono in questa Chiesa 
					di S. Giorgio (in Sambuca), per come tuttavia si venera.” 
					In verità la statua equestre attualmente si trova 
					all’interno della Chiesa di S. Michele, a poche decine di 
					metri dal Municipio di Sambuca.  |